0 Comments

allergia al nichel

Davvero non vanno d’accordo?

Chi ha un problema di allergia al nichel è di solito convinto che non possa seguire un’alimentazione a base vegetale dal momento che le esclusioni previste per chi è affetto da Systemic Nickel Allergy Syndrome (SNAS),  riguardano principalmente cibi vegetali.

Secondo le indicazioni convenzionali vanno evitati infatti cereali integrali (mentre possono essere consumati quelli raffinati), va evitata tutta la frutta secca e moltissimi tipi di frutta e verdura fresca, tra cui i pomodori e infine i legumi (ceci, fagioli, lenticchie, etc), soprattutto se in scatola. Con questa prospettiva qualsiasi aspirante vegano getterebbe la spugna.

Eppure seguendo queste prescrizioni ciò che rimane è un’alimentazione  fortemente infiammatoria e dato che dove c’è allergia c’è infiammazione qualcosa non torna. Chi è predisposto ad allergie dovrebbe invece anche evitare quegli alimenti che predispongono all’infiammazione come carni, formaggi e cereali raffinati, alimenti che sono però “permessi” agli allergici al nichel.

Per questo motivo desidero condividere l’esperienza avuta con i pazienti che si sono rivolti a me per questo problema, con i quali ho ottenuto ottimi risultati, in termini di aumento del benessere e salute gastrointestinale che dermatologica.

Ho constatato infatti che limitarsi a seguire la classica prescrizione di eliminare i cibi potenzialmente più ricchi di nichel mantenendo tutto il resto, il problema non possa mai essere risolto o quantomeno attenuato. Anzi, il rischio è di aggravare un quadro già sensibile.

La questione della presenza di nichel e altri metalli indesiderati nel cibo, dipende dalla concentrazione del metallo nel terreno. Per via del dilavamento delle acque, a parità di altre condizioni come trattamento dei suoli (terreno adibito ad agricoltura convenzionale piuttosto che biologica,) stesso territorio geografico, maggiore è l’altitudine maggiore sarà la probabilità che il suolo sia libero da metalli pesanti e altri inquinanti rispetto a suoli di bassa quota.  Quindi i vegetali coltivati in montagna sono meno rischiosi di quelli coltivati a livello del mare, specie se da agricoltura convenzionale.

Consiglio quindi di seguire le indicazioni qui sotto:

abbondanza di verdure crude tra quelle tollerate (ad esempio finocchio, sedano, zucca e rapa rossa –  queste ultime si possono consumare in ottime insalate tagliate julienne).

Le stesse verdure vanno consumate non solo intere in insalate,  ma anche sotto forma di succo fresco,  ottenuto con estrattore oppure centrifuga.

Ad esempio un succo preparato con: 1 mela, 1 finocchio, 2 coste di sedano foglie comprese, 1 piccolo limone sbucciato. Da ripetere anche più volte nell’arco della giornata.

Alle verdure indicate se ne possono aggiungere altre purchè tollerate, in questo c’è una certa soggettività e le stesse, a piacere, possono essere consumate in aggiunta  anche cotte.

  • modeste quantità di quinoa e amaranto come cereali. Sono entrambi integrali e quindi non sarebbero adatti in base alla comuni prescrizioni, eppure essendo coltivati ad elevate altitudini sono difficilmente contaminati da metalli pesanti, nichel compreso.  Inoltre la loro composizione li rende particolarmente nutrienti e quindi importanti in un’alimentazione ristretta, anche se temporaneamente.
  • modeste quantità anche di lenticchie di montagna (come quelle di Castelluccio di Norcia) per le stesse ragioni. Eventualmente i primi giorni, meglio che siano passate al passaverdure per rimuovere il rivestimento esterno e quindi consumate in crema oppure tentare con quelle già decorticate, sebbene spesso di provenienza non tracciabile.

Si possono anche introdurre ceci di montagna, tutto rigorosamente preparato a partire dal legume secco, non in scatola, con l’accortezza di consumarli appena cotti.

Se tutto procede bene si possono introdurre anche noci raccolte in montagna e come condimenti optare per sale di roccia.

Se non ci sono sintomi si può ancora allargare la gamma dei cibi scegliendo quelli da agricoltura biodinamica coltivati su terreni che da anni sono adibiti ad agricoltura di questo tipo.

Oltre a  quanto sopra brevemente descritto , bisogna valutare il caso nel suo complesso per adottare altri eventuali accorgimenti ad hoc, come ad esempio l’assunzione di probiotici,  soprattutto una selezione personalizzata degli alimenti ed altre eventuali integrazioni per contribuire a contrastare l’infiammazione. 

About the author 

Dott.ssa Roberta Bartocci

{"email":"Email address invalid","url":"Website address invalid","required":"Required field missing"}
>